CORREZIONE FRATERNA
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Se il tuo fratello commette una colpa
Nell’antica letteratura monastica si parla spesso dell’ammonizione fraterna come di un atto di carità cristiana. Nella società laica la carità s’intende soprattutto come aiuto materiale; nel monastero, dove c’è un letto e il cibo assicurato, la carità è soprattutto spirituale: aiutarsi reciprocamente a scoprire e a correggere i propri difetti. Nelle antiche regole di vita monastica si legge: si frusta il cavallo se va fuori strada, tanto più occorre far tornare sulla retta via il confratello che l’ha abbandonata.
Ma quando c’è un rapporto di vera carità fraterna, in monastero, in famiglia o fra amici non c’è bisogno di regole scritte: spontaneamente si fa notare quando c’è qualcosa che non va. La cosa importante è non usare un tono aspro, ferire, offendere, essere causa di litigio. Qualsiasi rimprovero va fatto con amore e se lo si “sa fare”, serenamente, senza rabbia, in pace, verrà accolto volentieri.
Va’ e ammoniscilo
Sappiamo per esperienza che un rimprovero non serve a niente se l’altro non sente o non vuole sentire. Ma quando si tratta di qualcosa che ci sta particolarmente a cuore, magari ci lamentiamo con qualcun altro, forse anche con un superiore. I bambini vanno a lamentarsi con i genitori o con gli insegnanti, gli adulti si rivolgono alla polizia e ai tribunali. Ma chi accusa generalmente non ha buona fama.
Il vangelo dice che si ricorre all’autorità come ultima soluzione, e solo dopo il fallimento di tutte le precedenti iniziative: la composizione dell’incidente a quattr’occhi, e poi in presenza di testimoni. Solo alla fine si può arrivare all’accusa pubblica. Non si tratta di una procedura giuridica, ma l’espressione di ciò che si chiama spirito dialogale e collegiale della Chiesa. Si suppone che i cristiani siano capaci di superare le differenze di opinione con il dialogo e la buona volontà, e che ambedue le parti siano disposte a cedere il più possibile all’altro. La pertinacia assoluta in una presa di posizione già in sé esclude dalla Chiesa, dalla convivenza nell’amore.
Il tuo fratello
“Nemico”, dal latino inimicus, è una parola negativa. Nelle lingue moderne l’espressione nemico è piuttosto forte; nella Bibbia invece ha un significato più debole. Per esempio, quando Anna, madre del profeta Samuele, si rallegra perché i suoi nemici non trionferanno su di lei, si riferisce ai suoi vicini, che la disprezzavano perché non aveva figli (1Sam 2,1).
Di qualsiasi tipo siano i nemici, la nostra reazione spontanea è di tenerli lontani perché non ci facciano danno. E allora, perché il vangelo ci invita ad amarli? Sembra una richiesta contraria all’istinto naturale di conservazione della vita. La risposta è solo nella fede assoluta nella volontà di Dio. Nella sua mano ci sono anche i nostri nemici, e nella sua mano i nemici non possono farci del male, ma solo del bene. Quel genere di bene che proviene dalla croce e dalla salvezza.
IL VANGELO di tutto l’anno sono le riflessioni sul Vangelo festivo e feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.
Il libro è disponibile presso EDIZIONI LIPA |