Approfondimento delle letture della liturgia della IV Domenica di Pasqua, Anno A
Il passo che abbiamo ascoltato si apre con queste parole: “In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante” (Gv 10,1).
Cristo sta dicendo che la porta è il luogo della comunicazione, anzi è il luogo attraverso il quale passa tutta l’esistenza della persona.
La porta sintetizza, racchiude in sé il modo di esistere, che è quello relazionale, che coinvolge tutta la persona.
La porta è costitutivamente quella parte della casa attraverso la quale si muove la persona: esce ed entra.
Cristo dice che è possibile accedere anche in un altro modo. Non attraverso questo luogo che costitutivamente mette in relazione, apertamente, liberamente.
Ma c’è un modo non libero, “da ladri e briganti” (Gv 10,8), i quali entrano “per rubare, uccidere e distruggere” (Gv 10,10).
Si può entrare nell’esistenza dell’altro non per la via di una libera adesione, cioè, non per la via dell’amare l’altro. Ma si può vivere in modo da essere derubati e distrutti perché si aspettava di entrare per la porta, cioè per la via libera della relazione, ma si scopre che qualcuno alla schiena ti colpisce.
La natura umana appartiene all’esistenza della necessità.
Ha diverse necessità, e tra queste una è anche la religione, la via religiosa per salvare se stessi.
Infatti anche la religione facilmente cade nella logica della necessità.
Si dice ad esempio: Bisogna fare questo per ottenere questo.
Dentro l’esistenza secondo la natura c’è questa logica mercantile.
Siccome la natura è destinata a perire, viene spontanea questa logica di necessità, che porta a fare tutto il possibile per evitare questo perire o per spostarlo il più possibile in avanti.
Le pecore sono dentro questo recinto, ma la stessa parola è usata anche per l’atrio del tempio. Allora le pecore sono “dentro uno degli atri del tempio”, in attesa di essere sacrificate.
Cioè, in nome del sacrificio religioso si può sacrificare anche la libera adesione.
Perché ci sia libera adesione è necessario accogliere un principio, una forza, una luce, una vita che penetra tutta la nostra esistenza e che è quella dello Spirito Santo, cioè dell’Amore che muove la persona verso il dono di sé.
Ma il principio di necessità della natura porta a difendersi, perché se mi offro mi distruggo e non ci sarò più.
Non è così automatico vivere la propria natura come luogo dove uno esprime se stesso come dono di sé, ma è piuttosto facile “timbrare” religiosamente le tendenze difensive del pensiero, tipiche della nostra natura che ci portano a giustificare il centrarsi su noi stessi.
Cristo parla di sé come la porta: “Io sono la porta” (Gv 10,7), non nel senso di chiusura, bensì di apertura.
In Ap 3,8 si parla di una porta che può essere aperta o chiusa, ma Cristo nel Vangelo odierno parla chiaramente di una porta come apertura.
Cristo può entrare senza aprire la porta. Infatti Lui si trova già nella comunità, essendo entrato “a porte chiuse” (Gv 20,26).
Questo perché il suo modo di esistere non dipende da un luogo, ma dalla comunione, perché “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20).
Lui è la porta in modo nuovo, diverso.
È facile chiudere l’esistenza umana in se stessa, chiudere l’uomo in se stesso, far sì che si occupi di sé, dei suoi problemi, dei suoi progetti, magari giustificandosi con qualche alta idea religiosa o culturale.
È facile orientare l’uomo al proprio ombelico, perché si occupi solo di sé. Allora la porta non c’entra più niente e la persona soffoca.
Lì nasce la credenza che in questo modo ci si salverà, miglioreremo la nostra situazione.
La persona pensa di camminare, mentre è chiusa in sé.
Un classico esempio di questa situazione lo troviamo nel Vangelo di Giovanni, con la malattia e la morte di Lazzaro (cf Gv 11).
Le due sorelle e tutti gli abitanti del villaggio si occupano della morte, partecipano, sono solidali nel dolore di questa morte.
Cristo si accosta a questa realtà, anche attraverso il pianto, ma questo pianto partecipa a una visione molto lontana.
Proprio in questa occasione si manifesta Cristo come porta.
Infatti, apre la tomba, fa uscire Lazzaro, cioè fa una cosa che mai nessuno avrebbe pensato possibile, qualcosa di radicalmente nuovo.
Cristo come porta apre la situazione umana a degli orizzonti, a delle aperture, a degli eventi inimmaginabili, che non si potevano prevedere secondo una logica solo umana. La logica umana, infatti, è condizionata dal problema della morte. Invece proprio lì si manifesta Lui come porta.
Evdokimov dice che “Nella liturgia della veglia pasquale sembra si voglia suggerire che il mondo, nella sua totalità, è contemporaneamente condannato e salvato e che è al contempo l’inferno ed il regno di Dio, poiché il Cristo è disceso agli inferi per abbattere tutte le porte e lasciarne una sola, la porta che è lui stesso e che apre sull’attesa del Padre”.
È magnifica questa constatazione.
Cristo ha aperto tutte le porte, ha abbattuto tutte le porte, ne ha lasciata una sola, che è Lui, il suo modo di vivere l’umanità.
È la sua stessa umanità che diventa il passaggio.
Lui come persona, nella sua umanità diventa il passaggio al santuario del Padre, dagli inferi al cielo, dalla morte alla gloria di Dio. Già nel morire. Proprio per questo è inimmaginabile, non lo si può nemmeno pensare.
Anche i discepoli di Emmaus non sono riusciti a capire che nella morte è avvenuta la glorificazione.
Ma Giovanni dice chiaramente che il Padre lo glorificherà proprio come il chicco di grano che muore (cf Gv 12,24).
È proprio nella morte che si dischiude la gloria.
Il passaggio è nel morire.
Non ci sono più distanze, proprio nella morte: “il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo” (Mt 27,51).
“Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26), dice Cristo ai due discepoli di Emmaus.
Infatti, abbiamo “piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù via nuova e vivente, che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne (Eb 10,19-20).
Allora questa sofferenza, il sangue versato è proprio la via vivente, è l’apertura.
Cristo è il passaggio.
Giovanni dice: “Una porta era aperta nel cielo”. C’è una voce che chiama: “Sali quassù” (Ap, 4,1).
Non è una questione di ragione, di vedere, di pensare una porta aperta, non è una questione di visione immaginaria, ma si scopre questo passaggio a partire dal vissuto, dall’esperienza, dagli eventi, dalla storia.
Essere dentro la vita della storia, attraverso la nostra umanità.
Quando si vive intensamente ciò che capita nella vita, allora si è tentati o di cercare una soluzione ideale, anche religiosa con tanto darsi da fare, che però sdoppia la realtà personale.
Infatti da un lato si vuole apparire come se ti stessi salvando, ma poi manifesti la tua natura molto cattiva, egoista, chiusa, violenta.
E tutto questo mentre cerchi di apparire molto religioso, perfetto.
Non è possibile.
È vivendo la nostra realtà, quando lo Spirito Santo ci apre in Cristo la partecipazione al suo passaggio e ci si trova stretti a lui, non da soli, ma insieme agli altri.
Perché, quando ci si stringe a Cristo, non si è più soli, si incontrano gli altri. Si conosce il Cristo-Porta quando lo Spirito Santo dischiude la tua esperienza del vissuto alla partecipazione di Cristo. Quando nel tuo vissuto scopri le tracce della vita descritta nei Vangeli, quando nella vita intravedi il Volto di Colui che ti sta rivolgendo la Parola. Quando scopri che la Parola ti nutre insieme agli altri, quelli della gloria – i santi – e quelli di storia – i fratelli e le sorelle con cui condividi la strada.
Allora si trova “il pascolo”.
È un bel gioco di parole in greco tra nómos (legge) e nomós (pascolo). Le pecore erano chiuse per la legge, ma Cristo è l’apertura al pascolo. È lui la porta e il pascolo.
Trovi il pascolo mangiando la sua carne, il suo modo di essere uomo da Figlio di Dio, bevendo il suo sangue. E questo è già il passaggio. Stai già passando, e il dramma della vita si dischiude nella gloria,
Non conosci più i recinti e le chiusure, ma semplicemente l’apertura, perché Lui è questa porta.
SEMI è la rubrica del Centro Aletti disponibile ogni venerdì.
Ogni settimana, oltre all’omelia della domenica in formato audio, sarà disponibile sul sito LIPA un approfondimento delle letture della liturgia eucaristica domenicale o festiva.