LA TRASFIGURAZIONE SUL MONTE TABOR
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Una madre venne in città per la laurea del figlio. Vide molte cose nuove: l’ambiente universitario, le grandi aule, tanti giovani… Ma la maggior sorpresa la ebbe da suo figlio. Nella sua mente egli era sempre un ragazzino. Ma ora chi era diventato? Era un uomo seduto in cattedra, che rispondeva alle domande dei professori. Si domandò: “ È ancora il mio Giovannino? Come è cambiato!”.
Ogni uomo, vivendo, cambia, nel bene e nel male. Si dice che le madri non amino tali cambiamenti, vorrebbero che i figli rimanessero sempre ragazzini. Suppongono che crescendo cambieranno e non saranno piú gli stessi, perciò hanno paura della crescita. Ma è vero che l’uomo non è piú lui quando cambia? Dobbiamo fare una distinzione. Non ha lo stesso effetto cambiare in bene o in male. Un cambiamento in male è descritto da Dostoevskij, con profonde osservazioni psicologiche, nel romanzo Delitto e castigo. Lo studente Raskolnikov diventa un assassino. Ma chi lo può sapere? Finché lui stesso non lo confessa, è difficile provarlo. Sua madre e sua sorella non hanno dubbi. Notano che è molto cambiato, che non è piú quello di prima. Un cambiamento in bene ha un effetto diverso. L’uomo si manifesta come è realmente, rivelando le sue caratteristiche interiori. Cosí l’esempio del figlio che si laurea. Dobbiamo comprendere in questo senso anche la trasfigurazione del Signore sul monte Tabor.
Questo mistero è indicato da due parole, in latino e in greco. In latino si parla di transfiguratio, in greco di metamórphosis. La voce greca è originale del vangelo, ma non è troppo adatta. Significa un cambiamento della forma, dell’aspetto. Questo è anche il significato del termine latino transfiguratio. Se Gesú sul monte avesse cambiato la sua forma non sarebbe stato piú lui, gli apostoli non lo avrebbero riconosciuto, avrebbero creduto che fosse un altro. Essi, al contrario, sapevano bene che era Gesú, anche se trasfigurato. Che cosa allora era cambiato in lui? Il cambiamento sta nella luce. Gli apostoli videro Gesú in un’altra luce, diversa da quella in cui lo vedevano ogni giorno. Ma anche questo non va preso in senso materiale. Non si trattava di qualche effetto causato da riflettori, ma dipendeva da una scoperta interiore. Videro Gesú come è davvero: Figlio del Padre celeste.
Possiamo allora capire perché la festa della trasfigurazione fosse considerata dai monaci orientali come programma di conversione per ogni cristiano. Chi non conosce questa tradizione si chiede perché questo racconto evangelico si legga all’inizio della Quaresima. Sembra che, per il suo aspetto solenne, si adatterebbe meglio al tempo pasquale. Ma non dimentichiamo che la Quaresima deve essere tempo di conversione, di cambiamento al bene. Allora, in tale situazione, l’uomo si manifesterà cosí come egli è davvero, scoprirà la propria identità come figlio del Padre celeste.
I predicatori quaresimali concentravano i loro ammonimenti soprattutto sulla conversione esterna. Nei villaggi dove era diffuso il vizio del bere, tuonavano contro l’alcolismo. Là dove la fedeltà coniugale lasciava molto a desiderare, le esortazioni si concentravano soprattutto sulla “purezza” della famiglia. Dove solo in pochi frequentavano la chiesa, si parlava dell’importanza della preghiera e dei sacramenti. La vita cristiana si deve riformare per ricevere una nuova forma. Ma è chiaro che la conversione esterna non sarà duratura senza un cambiamento interiore. Un giorno un tale si congratulò con un predicatore quaresimale: dopo la sua zelante predica contro l’alcolismo, per una settimana intera in tutto il villaggio non si vedeva un solo ubriaco.
La conversione durevole è solo quella interna. Ma come avviene? Gli antichi stoici si occupavano di questo problema. Partivano dall’esperienza rilevando che alcune cose ci rattristano, altre ci rallegrano, altre ci sono indifferenti. Cerchiamo di evitare tutto ciò che è spiacevole, ma non ci riusciamo sempre del tutto. Ogni giorno incontriamo qualcosa che non ci piace. Dove sta la causa di questo insuccesso? In noi stessi. Vogliamo cambiare ciò che è al di fuori di noi, invece dobbiamo cambiare noi stessi. Piangiamo quando abbiamo perso una piccola cosa; impariamo a considerarla di poco conto e allora smetteremo di piangere.
Gli autori cristiani sviluppano questa considerazione piú profondamente. Bisogna cambiare la valutazione delle cose. Facile a dirsi. Ma non si tratterà forse di un’illusione? Lo si potrà fare sempre? Se ad un uomo muore la moglie, deve forse convincersi che non è importante? Bisogna imparare a vedere le cose come sono veramente. Qualcuno obietta che allora davvero le cose ci rattristano. Sempre? C’è solo un modo in cui possiamo riconciliarci con esse: vederle come Dio stesso le vede. Egli durante la creazione considerò tutto come buono (cf Gen 1,4ss). È vero che con il peccato il mondo è cambiato, che ci sono molte cose tragiche. Ma tutto resta nelle mani della provvidenza divina e, alla fine, anche le disgrazie devono condurci al bene. I Padri distinguevano tra mali fisici e mali morali. Esempi di male fisico sono i terremoti, le alluvioni, le malattie, la morte. Tutto questo Dio riesce a convertirlo in bene. Il male morale, cioè il peccato, sembra invece sfuggire alla provvidenza divina. Dio infatti non lo può convertire al bene senza la nostra conversione interiore.
Da ciò segue la necessità di una continua conversione interiore. Lo si può osservare nel nostro rapporto con gli altri uomini. È facile che alcuni ci siano antipatici, ci provochino. Cominciamo a rimproverarli ed essi fanno lo stesso con noi; sorgono litigi. In tante famiglie la situazione diventa intollerabile, si giunge alla separazione. Ma che cos’è la separazione? Un cambiamento esterno senza una conversione interiore. Non può quindi condurre al fine desiderato. Perciò anche in questo caso bisogna cominciare dall’atteggiamento interiore. Ma come fare? Una donna in confessione si lamentava molto amaramente di suo marito, affermando di non riuscire a sopportarlo piú. Il confessore le diede questo consiglio: “Si compri un quaderno. Ogni giorno ci scriva almeno una piccolissima cosa buona che suo marito ha fatto. Rilegga spesso questi suoi appunti. Alla fine forse scoprirà che suo marito non è cosí cattivo come sembra”.
Ma nella vita soffriamo anche guardando noi stessi. Ci sembra di non riuscire in niente, di non avere tempo per noi, o che gli altri non ci prendano sul serio. Anche in questo caso sarebbe utile comprarsi un quaderno ed annotare qualcosa in cui siamo riusciti, qualcosa per cui crediamo che valga la pena vivere. Scoprire il bene significa trasfigurare noi stessi e con questa trasfigurazione interna cambiare il mondo. Allora la festa della trasfigurazione di Cristo avrà un significato per la vita quotidiana.
IL VANGELO di tutto l’anno sono le riflessioni sul Vangelo festivo e feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.
Il libro è disponibile presso EDIZIONI LIPA |