FIGLIO DALL’ALTO
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Nessuno è mai salito al cielo
Per noi il cielo, simbolicamente, è in alto. I popoli antichi mettevano gli dèi in alto, sulle montagne. Il pellegrinaggio verso un santuario era, quindi, una “salita”. Platone diceva però che al Dio vero non si sale con i piedi, ma con la mente. La sua espressione è passata anche nei nostri catechismi come definizione della preghiera: elevazione della mente a Dio.
Ma noi la intendiamo in modo diverso da Platone. Per il filosofo greco Dio è “pensiero puro”, cioè il pensiero umano può giungere a Dio secondo il grado della sua purezza. Per i cristiani Dio è molto di più: è Padre, cioè mistero dell’amore infinito. A Lui nessuno può salire senza rivelazione. Un pensiero religioso fatto secondo un criterio di sapere o di scienza significherebbe salire ad un cielo che non è cielo. Non c’è cielo senza l’amore e senza la fiducia nel Padre.
Fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo
“Molte volte e in diversi modi” Dio ha parlato: con queste parole comincia la Lettera agli Ebrei. E afferma che la posizione di Cristo nella storia della salvezza è unica e centrale.
I misteri di Dio li possiamo conoscere solo se lui stesso ce li rivela, cosa che ha fatto molte volte e in molti modi.
Origene ha tentato di classificare questi “modi”. All’inizio Dio parla all’uomo nella coscienza, nel creato, nella bellezza del cielo e della terra. Poi la voce di Dio risuona nella Sacra Scrittura e infine negli scritti degli autori spirituali. Ma allora, la parola di Dio è molteplice? E che relazione c’è fra i vari modi in cui Dio parla?
La risposta di Origene è semplice: tutte queste parole sono come raggi di sole dell’unica vera Parola, che è il Figlio, il quale per noi e per la nostra salvezza è disceso dal cielo. Ogni verità e ogni bene che incontriamo quindi è Cristo. Ogni verità e ogni bene esprime parzialmente, ma in maniera veritiera, Cristo. Perciò chi segue la voce della verità e della bontà alla fine arriva a Cristo.
Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo
Appartengono alla cosiddetta teologia giudeo-cristiana i primi pensatori Ebrei convertiti al cristianesimo, i quali ragionavano secondo la mentalità semitica biblica. Essi ci presentano la salvezza come la progressiva discesa del Figlio di Dio nel mondo, sofferente nello stato del peccato. Questa discesa è unita all’ascesa, perché dove Dio scende, si apre il cielo.
La discesa più dolorosa è quella di Cristo con la sua morte ignominiosa, dove la croce diventa ascesa al cielo. I Padri siriaci amavano chiamare la croce “scala” e la paragonavano alla scala del sogno di Giacobbe (Gen 28), sulla quale gli angeli scendevano e salivano. Secondo san Gregorio di Nissa nella croce è espresso tutto il mistero della vita cristiana. La sua virtù fondamentale è l’umiltà che, con un gioco di parole, san Gregorio definisce “discesa verso l’alto”.
Nella vita c’è sempre qualche cosa che porta verso la terra, sia materialmente che spiritualmente. Ma se viviamo in Cristo, questa spinta verso la terra ci eleva verso il cielo.
IL VANGELO di tutto l’anno sono le riflessioni sul Vangelo festivo e feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.
Il libro è disponibile presso EDIZIONI LIPA |