ABBANDONARE E RICEVERE
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».
Noi abbiamo lasciato tutto
San Gregorio Magno dice ironicamente, che cosa avrà mai abbandonato san Pietro? Una vecchia barca da pescatore! Nella storia della Chiesa molti hanno fatto ben altre rinunce! Nel quinto secolo c’era a Roma santa Melania la Giovane, una delle donne più ricche dell’impero romano, che distribuì i suoi beni ai poveri per abbracciare la vita religiosa.
San Gregorio però aggiunge che non è importante “cosa” uno abbandona per Cristo, ma “con quale” spirito lo fa. Sembra strano, ma talvolta siamo capaci di abbandonare grandi cose, e guai se qualcuno vuole toglierci qualche nostra piccola abitudine, o critica un nostro modo di fare. Il senso religioso della rinuncia è il raggiungimento della piena libertà interiore.
Sant’Alfonso Rodriguez porta l’esempio di un uccello prigioniero: non può volare sia se è legato ad una grossa corda che a dei fili sottilissimi. La libertà di spirito può essere impedita da cose grandi e da cose piccole.
Riceve cento volte tanto già in questa vita
Dio restituisce tutto ciò a cui abbiamo rinunciato per amor suo. Quando buttiamo via una cosa, è perduta. Quando la regaliamo ad un amico, in qualche modo lui ci ricompensa facendoci, a sua volta, un regalo. Sant’Ignazio di Loyola diceva che Dio è un “cavaliere”: non si lascia umiliare ricevendo soltanto, senza regalare. Perciò ogni dono fatto a Lui è ricambiato “cento volte” già in questa vita.
L’atto di amore è gratuito, eppure viene ricompensato da Dio quando meno ce l’aspettiamo. E anche quando diamo un po’ di tempo alla preghiera, magari in fretta, dopo potremo sperimentare che Dio ci ricompensa, in tanti modi.
I santi vivevano quotidianamente questo tipo di esperienze; perciò erano generosissimi con Dio, sia nell’offrirgli denaro che tempo, sapendo che niente sarebbe andato perduto, ma tutto sarebbe ritornato, “cento volte tanto”.
Insieme a persecuzioni
In questo passo del vangelo c’è quest’ultima frase scomoda, che in genere i predicatori cercano di ignorare: sembra che vanifichi tutto quello che hanno cercato di dire fino a quel punto. Dunque: Dio ci ricompensa di ciò a cui abbiamo rinunciato per amore suo; ma se lo fa “insieme a persecuzioni” non si tratta allora di una nuova perdita?
Facciamo un esempio concreto. Uno rinuncia alla propria casa e la regala ad un istituto religioso di cui è entrato a far parte. Arriva un regime totalitario ateo e con esso la persecuzione, i religiosi vengono cacciati e la casa confiscata. Chi ha donato sembra davvero avere perso tutto.
Ma è qui che si manifesta la forza della nostra fede. La rinuncia per Cristo dev’essere libera e consapevole, ma non è detto che l’iniziativa venga sempre da noi. Può darsi invece che veniamo violentemente privati di qualcosa che non avevamo affatto l’intenzione di donare, per esempio la salute. Se riusciamo a conciliarci con questo fatto e ad accettarlo come volontà di Dio, anche questa privazione violenta diventa rinuncia volontaria, una rinuncia che per Dio ha valore, e Lui ci ricompenserà.
Anche la passione di Cristo è caratterizzata da atti violenti compiuti dai suoi nemici, ma la sua obbedienza alla volontà del Padre è un atto libero. Per questo la sua morte significa il ritorno glorioso alla vita.
IL VANGELO di tutto l’anno sono le riflessioni sul Vangelo festivo e feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.
Il libro è disponibile presso EDIZIONI LIPA |