[IL VANGELO DI TUTTO L’ANNO] XXVI TEMPO ORDINARIO – Lunedì (II)
Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me L’espressione “nel nome” la conosciamo tutti. Tutti agiscono nel nome di qualcuno: gli impiegati statali agiscono in nome dello Stato, i magistrati in nome della legge. È un antico modo di esprimersi. Nella nostra società il nome non ha un grande valore, ma per gli […]
Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me
L’espressione “nel nome” la conosciamo tutti. Tutti agiscono nel nome di qualcuno: gli impiegati statali agiscono in nome dello Stato, i magistrati in nome della legge. È un antico modo di esprimersi. Nella nostra società il nome non ha un grande valore, ma per gli Ebrei era l’espressione della vocazione che ciascuno ha nel mondo. In questo contesto comprendiamo meglio il racconto della Genesi, quando Dio chiama il giorno, la notte, il cielo, la terra, con i loro nomi, e con questo li crea (Gen 1,3-10). Adamo viene invitato a dare un nome agli animali (Gen 2,20). Con il nome, la creazione riceve un senso definitivo. Anche più tardi gli uomini daranno nomi ai luoghi, magari in ricordo di un avvenimento, oppure in base allo scopo per cui sono destinati. Dio dà nomi speciali ai profeti e ad alcuni uomini di Dio, nomi detti jahvistici, perché segno di un’unione particolare con Dio. Così è per il nome Emmanu-El, Dio con noi (Is 7,14; Mt 1,23).
Cristo ci chiede di trattare gli uomini come fa Dio, e di accoglierli nel suo nome, perché Egli si identifica con tutti.
Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato
Non è facile scambiare una persona per un’altra, ma se succede è per l’aspetto esteriore. La Bibbia, al contrario, con il significato di scambio di persona e di identificazione con una persona, usa il termine di “missione”. Gli Ebrei erano consapevoli che Dio è l’unico a cui appartiene l’onore e la gloria, l’unico da rispettare sopra ogni cosa. Si rispetta un uomo e quello che dice perché Dio lo ha mandato, come i profeti dell’Antico Testamento.
Gesù si presenta allo stesso modo, mandato dal Padre. I mandati da Dio erano, nell’Antico Testamento, persone eccezionali, con un compito preciso da svolgere per conto del Creatore.
Tutti gli uomini che incontriamo nella vita sono a loro modo mandati da Dio. La divina Provvidenza li ha condotti sul nostro cammino. Quando siamo capaci di accettare le persone come messaggeri divini, il nostro atteggiamento verso di loro e verso tutto il mondo cambia. L’incontro con gli altri diventa liturgia.
Abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome
Da questo deriva un’altra riflessione: anche noi dobbiamo andare verso gli altri nel nome di Cristo. Gli apostoli l’hanno ricevuto in missione, ma in un certo senso ognuno di noi è apostolo e deve diventarne consapevole. Questa missione dà all’uomo un’autorità ed un potere speciale, e infatti gli apostoli si meravigliano quando vengono a sapere di un estraneo che scaccia i demoni nel nome di Gesù.
Il Concilio Vaticano II parla della funzione profetica e sacerdotale del popolo di Dio. Non è un modo di sminuire il potere gerarchico dei vescovi e dei sacerdoti, ma piuttosto di mostrare dove esso ha radice: nell’identificazione dei cristiani con Cristo. Se ci rendiamo conto del nostro potere, dobbiamo renderci conto anche dei suoi limiti. Chi può dire di essere davvero identificato con Cristo? Sforziamoci di raggiungere il modello, ognuno secondo le sue possibilità.
IL VANGELO di tutto l’anno sono le riflessioni sul Vangelo festivo e feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.
Il libro è disponibile presso EDIZIONI LIPA |