Giovedì – UNA DONNA PAGANA (Mc 7,24-30)
Non è bene prendere il pane dei figli
Quando si parla dell’amore verso il prossimo gli autori spirituali mettono in risalto il suo carattere universale. Esso deve includere tutti gli uomini senza distinzione, vicini e lontani, amici e nemici. Se si dà la precedenza a qualcuno in particolare, scrive san Massimo Confessore, vuol dire che non è ancora amore perfetto.
L’affermazione ci insegna a quale ideale dobbiamo avvicinarci, ma nella realtà è difficile metterlo in pratica. La morale ci dice che il nostro amore deve essere “ordinato”; gli atti d’amore si identificano in primo luogo con i doveri. I doveri ci impongono di occuparci prima di tutto di coloro che ci sono più vicini, che ci sono stati affidati, con cui lavoriamo e viviamo. Non è credibile chi parla di amore universale e poi non trova tempo per la propria famiglia. E poi è più facile predicare l’uguaglianza delle razze in paesi lontani che essere gentili con il proprio vicino di casa. Gesù ci chiede di amare il prossimo “come” noi stessi, non “invece” di noi stessi. Perciò dobbiamo sentire i lontani “come se” ci fossero vicini, e non lontani i nostri vicini, i quali hanno diritto per primi alla nostra carità.
Anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli
Nella traduzione di questo versetto viene usato il diminutivo “cagnolini”. La parola cane, riferita ad una persona, per noi suonerebbe come un insulto. Una volta dissi ad un musulmano che io per lui ero un semplice “dgiauro”, cane. Rimase perplesso, poi cercò di spiegarmi che questo termine da loro viene usato per quelli di un’altra fede, ma non con un senso negativo. Significa uno che non appartiene alla famiglia, che non è fratello, ma vive nella stessa casa e ha diritto ad essere mantenuto e curato, proprio come avviene con un cane di casa.
Questo significato è anche quello del brano del vangelo. La donna siro-fenicia, pagana, è consapevole di non appartenere al popolo eletto, ma non vuole essere esclusa dai benefici del Messia. Quindi è immagine di tanti che non sono “nostri”, cioè non appartengono alla nostra Chiesa, alla nostra nazione, alla nostra famiglia, ma che hanno anch’essi diritto al nostro aiuto. Per quanto sta a noi, dobbiamo estendere anche a loro i nostri benefici.
Per questa tua parola va’
Nessuno può salvarsi se non nella Chiesa. Cristo è l’unica porta che conduce al Padre (Gv 10,1ss), e la Chiesa è il suo corpo mistico. Questa è la nostra fede.
Oggi siamo arrivati ad una migliore comprensione di questo dogma. Chi appartiene alla Chiesa? L’appartenenza al Corpo di Cristo è mistica, è mistero. Inoltre questa appartenenza cresce progressivamente fino alla pienezza. Le decisioni del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo distinguono infatti vari gradi di adesione alla Chiesa. In modo più stretto sono uniti ad essa quelli che credono in tutto ciò che appartiene alla nostra confessione, e secondo questa fede vivono in unione con tutti i fedeli. Vi sono poi altri che hanno una fede parziale: anch’essi sono uniti con Cristo?
La più forte è la fede di Pietro, quella che gli fa confessare: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). La donna siro-fenicia sa poco di Cristo e della sua missione, ma per fede va da Lui e quella fede la salva.
Se la fede è sincera, permette a tutti di partecipare ai doni del regno di Dio.
IL VANGELO DI OGNI GIORNO sono le riflessioni sul Vangelo feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.