Lunedì – IL BENEFICIO DI UNA MALATTIA (Mc 6,53-56)
Cominciarono a portargli sui lettucci gli ammalati
È difficile arrivare ad un medico o ad un guaritore di fama. Anche se l’uomo è un essere sociale che non può vivere senza gli altri, nella malattia scopre di essere solo, soprattutto se non può muoversi.
Sembra paradossale, ma spesso la malattia ha una grande funzione sociale nella nostra vita, perché rivela chi è veramente un amico. Ma la malattia ha anche una funzione religiosa. Sant’Ignazio di Loyola scrive che la malattia è un dono non inferiore alla salute. Sant’ Agostino era un fiero nemico dei pelagiani, che credevano che l’uomo potesse vivere con moralità solo con la forza di volontà. Ma se fosse così, perché allora avrebbe bisogno di Dio?
La malattia, la fragilità del nostro corpo sono i migliori predicatori per convincerci che abbiamo bisogno ad ogni nostro passo della grazia di Dio.
Pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello
Nei santuari la gente cerca di toccare anche solo la cornice dell’immagine venerata. A Roma, nella basilica di San Pietro, i pellegrini baciano il piede della statua dell’apostolo, tanto che il metallo è ormai consumato. Molti si scandalizzano e parlano di superstizione e di mentalità primitiva. Ma quelli che toccavano le frange del mantello di Gesù non erano in una situazione migliore.
La frangia, la statua, la cornice di un’immagine, in sé non possono salvare nessuno. Gesù stesso non fa che ripetere che è la fede che guarisce e non il gesto esterno (Mt 9,22). Il vero valore dell’uomo è nel suo cuore, nel pensiero, nella fede. L’uomo però è una creatura capace di parlare e di esprimere i sentimenti che ha dentro. Non lo fa solo con le parole, anche con dei piccoli gesti o con lo sguardo. Anzi, più le persone si conoscono, meno hanno bisogno di parole. Toccare la cornice di un’immagine sacra di per sé non ha valore, ma per chi crede può essere l’espressione di una grande fiducia, ed è quella fiducia che fa i miracoli.
Quanti lo toccavano guarivano
Con la malattia ci rendiamo conto della nostra debolezza davanti a Dio, e questo è un grande dono. La coscienza della propria debolezza non toglie però il coraggio e la voglia di vivere. C’è un detto: “È debole solo colui che ha perso la fede in se stesso e piccolo solo colui che ha un piccolo fine”. Il sentimento della debolezza è negativo se accompagnato dalla desolazione, dall’isolamento, dall’abbandono; invece diventa forza se ci dà la possibilità di diventare coscienti della presenza di un Altro, forte, che ci sta accanto per aiutarci. Chi perde la strada, in montagna, a forza di camminare può stancarsi da non reggersi in piedi; ma se a quel punto incontra qualcuno che si offre di ricondurlo a casa, ecco che gli tornano le forze. Così è anche nell’incontro con Gesù, che ci restituisce le energie e ci guarisce con la sua Presenza.
Infatti nella malattia il problema non è mai soltanto fisico, c’è sempre al fondo una diminuita volontà di vivere. Con Cristo vicino possiamo vivere anche nella malattia, nella debolezza e persino nella morte.
IL VANGELO DI OGNI GIORNO sono le riflessioni sul Vangelo feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.